sabato 28 marzo 2009

Botta e Risposta per la newsletter dell'ITF del 31 marzo

Buongiorno a tutti. Oggi voglio anticipare sulle pagine di questo blog la mia risposta a un quesito posto da Diego Pastorino, impeccabile curatore della rubrica "Botta e Risposta" per la newsletter dell'ITF. La domanda è la seguente:

"Cosa pensate del problema dei maxi-compensi ai manager che magari hanno portato al fallimento la loro azienda o quasi? E' giusto un intervento limitativo da parte dei governi o viola il libero mercato? Se il principio è che l'intervento è giustificato solo verso chi ha avuto soldi pubblici (presi dalle tasche dei contribuenti), allora dovrebbe applicarsi non solo alle banche ma, ad esempio, anche a chi ha avuto aiuti di varia natura, cassa integrazione o incentivi rottamazione e simili... Più in generale, compensi di milioni di euro o di dollari, cosa remunerano di fatto? La genialità del manager? La sua funzione di garanzia verso il gruppo di controllo? La sua capacità di lobbying?"
Di seguito la mia risposta:
...
Quando si vedono attribuire maxi-compensi ai manager che hanno svolto un lavoro pressocchè mediocre - magari addirittura diventando protagonisti in negativo di una discesa verso gli inferi della società che presiedevano - riaffiorano i vecchi dubbi su alcune caratteristiche del capitalismo moderno, soprattutto in periodi di grandi turbolenze dove la ricetta anti-crisi non proviene mai dalla grande Corporate bensì dagli aiuti di “Mamma-Stato”.

A tal proposito, l’attribuzione di bonus ai manager di quelle società che hanno ricevuto denaro pubblico per rimanere a galla nel bel mezzo della crisi finanziaria è assolutamente fuori da ogni logica sia etica che strutturale. E’ inconcepibile assistere al versamento di denaro pagato dai contribuenti nelle tasche dei manager improduttivi. Si pensa alla situazione di AIG dove, solo dopo il duro intervento di Obama, è stata restituita metà del super-bonus spettante al Ceo di AIG stessa. Senza dimenticare che queste società possono utilizzare l’escamotage dell’aumento dello stipendio fisso dei massimi dirigenti. Una mossa davvero avida e poco elegante…

Insomma, qui si pone soprattutto un problema legato alla governance di queste aziende. Ma che rimane di difficile soluzione anche per lo Stato che fornisce gli aiuti attraverso il denaro versato dai cittadini. E’ un paradosso della società capitalistica contemporanea. Ma c’è. I manager delle grandi Corporate continuano a dimostrare di essere infallibili nella ricerca di soluzioni vantaggiose per se stessi ma come sempre rimangono scadenti quando c’è da lavorare per il bene dell’azienda e della comunità. Con la buona pace di quei pochi “intimi” all’interno di aziende sane e trasparenti (in Italia, soprattutto tra le small e mid caps, dobbiamo essere orgogliosi di alcune realtà di valore…) che brancolano nel buio ma che dimostrano di distinguersi per valori etici e morali. E’ un po’ la speranza per il futuro.

Servirebbe che tutti seguissero questa strada. E’ difficile sperare che vengano rispettate le leggi, anche quelle più restrittive imposte dallo Stato che farebbero poi gridare a scandalose limitazioni al libero mercato. E’ la storia dell’etica contro l’avidità. Una storia senza fine ma che, statene certi, si ripeterà ancora…

A cura di Nicola D’Antuono - info@miniday-trading.it

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