venerdì 28 novembre 2008

Guadagnare in Borsa con i 3 Wakeup Call

Una delle migliori strategie al servizio di un mini day-trader...

Salve, cari lettori. Oggi voglio fornirvi qualche indizio su una tecnica illustrata nel mio ebook Trading a Capitali Ridotti in uscita il prossimo 28 novembre. Premesso che si tratta di una strategia molto interessante in un contesto di mercato caratterizzato da un forte trend di crescita, c’è da dire che questa tecnica risulta molto profittevole anche quando ci si trova in mercati con un trend emergente, cioè quando il potenziale di crescita è ancora inespresso. Sto parlando del 3 Wakeup Call, un pattern di prezzo che permette di individuare interessanti opportunità di profitto (sia al rialzo che al ribasso) studiando candele con un’estensione molto ampia e accompagnate da volumi elevati. Nel mio ebook ho fornito anche il codice per creare questo indicatore sul software di Borsa ProRealTime.com, in modo tale da facilitare la visualizzazione del pattern ogni qualvolta compare su un titolo.

Negli ultimi giorni le Borse mondiali hanno vissuto nuovamente momenti difficili, evidenziando nuove flessioni e toccando nuovi minimi annuali. Tuttavia, anche in un contesto così ribassista, quando appare un 3 Wakeup Call dalle implicazioni rialziste, nascono i presupposti per implementare una strategia per guadagnare sul possibile rialzo del titolo. Vediamo l’esempio molto recente relativo al titolo Esprinet, appartenente al paniere AllStars di Borsa Italiana.


Il grafico su base giornaliera mostra come un forte trend al rialzo sia partito con la comparsa di un 3 Wakeup Call Up (cioè rialzista), evidenziato sia con la freccetta verde sul grafico dei prezzi sia sotto forma di istogramma (colore verde). Da notare anche l’esplosione dei volumi. Nel giro di quattro sedute i prezzi hanno effettuato un rally del 22% dal breakout dell’ND Point, cioè dal livello di intervento formatosi a seguito della formazione di questo pattern.

Ora voglio mostravi anche la possibile gestione dell’operazione, una volta constatata la comparsa del pattern. E’ mia consuetudine passare su un time frame più breve (di solito il 5 minuti, in questo caso il 15 minuti considerando una maggiore illiquidità del titolo) e inserire immediatamente il livello dell’ND Point sul grafico. Si interviene al superamento dell’ND Point.


A quel punto bisogna inserire uno stop loss iniziale. La migliore soluzione, per mantenere il rischio su livelli abbastanza bassi, è quella di proteggersi con uno stop loss sotto il minimo di giornata segnato fino al momento del breakout. Poi è necessaria una gestione dinamica della posizione ed è necessario utilizzare anche la tecnica del trailing stop per far correre il più possibile i profitti. Nel mio ebook ho dedicato una sezione apposita che tratta di questi argomenti relativi al money management e alla gestione delle uscite.

Il 3 Wakeup Call è una strategia che può offrire ottime opportunità di profitto anche in poco tempo e permette di usufruire di un buon rapporto rischio/rendimento passando dal time frame giornaliero a quello intraday (a 5 o 15 minuti). Un altro strumento da inserire nella “cassetta degli attrezzi” di un mini day-trader!


A cura di Nicola D’Antuono, autore dell’ebook Trading a Capitali Ridotti

per ulteriori info e/o delucidazioni scrivi a: info@miniday-trading.it
Clicca sul seguente link per leggere la scheda completa dell'ebook:



venerdì 21 novembre 2008

Alla scoperta del "fenomeno" del carry trade

Genesi di una pratica sempre più diffusa tra gli investitori

Qualche anno fa presi parte a un seminario sul Forex, il mercato delle valute. In quell’occasione ascoltai alcuni partecipanti, soprattutto imprenditori del milanese, mentre parlavano con entusiasmo della possibilità di indebitarsi a tassi prossimi allo zero e trasferire quello stesso denaro in alternative con ottimi rendimenti. Non nascondo che l’argomento, in quel momento, risultò per me poco chiaro (essendo ancora un neofita sui mercati) ma allo stesso tempo suscitò un’enorme curiosità che mi spinse più volte ad approfondire quelle tematiche. E ora eccomi qui a raccontarvi quello che ho imparato su questo argomento, cercando di trasmettervi nella maniera più semplice possibile gli elementi fondamentali del cosiddetto “carry trade”.

Il carry trade non è altro che una pratica speculativa, molto diffusa tra investitori e imprenditori, che permette di prendere a prestito denaro in un Paese con tassi di interesse molto bassi per poi investirlo in strumenti finanziari denominati in altre valute con rendimenti molto elevati.

Un’operazione di carry trade riguarda generalmente monete di Paesi con un tasso di cambio molto stabile mentre il successivo investimento viene diretto in strumenti free-risk come i titoli di Stato.

Funzionamento del Carry Trade tratto da www.borsaitaliana.it


La valuta più interessante per indebitarsi negli ultimi anni è stata sicuramente lo yen. In Giappone il costo del denaro è prossimo allo 0%. Gli investitori che operano in un simile contesto macroeconomico, e tenendo conto che il cross Usd/Jpy (dollaro statunitense/yen giapponese) è stato pressocché stabile tra 1/120 e 1/100 (vedi grafico mensile), hanno potuto lucrare sul disallineamento dei tassi rispetto alla media internazionale prendendo a prestito denaro in yen a costi irrisori e investendo, in valute straniere, in strumenti finanziari a basso rischio o titoli di Stato con rendimenti appetibili di economie di “prima fascia” (dollaro neozelandese, canadese e australiano, sterlina, dollaro americano) o di “frizzanti” mercati emergenti (lira turca, real brasiliano, peso argentino, rand sudafricano).



Teoricamente questa pratica è difficile da mettere in piedi. Infatti, quando un Paese (o un’area valutaria) presenta un tasso di interesse molto basso il rischio di deprezzamento della propria valuta è basso perché l’offerta di moneta dovrebbe essere anch’essa molto inferiore. In questo modo, la valuta che presenta tassi di interesse inferiori può apprezzarsi nel corso del tempo rispetto alle altre valute andando così ad annullare il differenziale dei tassi. Teoricamente dovrebbe essere così, ma nella pratica è avvenuto tutt’altro.

Infatti, bisogna tener presente che il Giappone vive una situazione economica particolare da moltissimi anni, caratterizzata da deflazione e capacità di crescita quasi esclusivamente attraverso le esportazioni. La Banca Centrale nipponica ha così mantenuto “artificiosamente” il valore dello yen il più basso possibile, per continuare a incoraggiare le esportazioni locali, aumentando la massa monetaria. Inoltre, grossi investitori istituzionali (soprattutto gli hedge funds) hanno continuamente messo sotto pressione lo yen con vendite costanti per acquistare altre valute dai rendimenti decisamente più elevati, tanto che si è anche giunti al Chicago Mercantile Exchange (CME) al record di net position in yen future di un trilione di dollari. Ma anche molti investitori giapponesi hanno cercato di approfittare del differenziale dei tassi investendo in modo massiccio soprattutto in dollari neozelandesi.

Il carry trade è un fenomeno tenuto sotto stretta sorveglianza sui mercati finanziari perché può avere importanti ripercussioni soprattutto nel breve termine. Infatti, nel momento in cui si verifica un’avversione generalizzata al rischio si assiste a grossi scossoni su tutte le asset class in cui si sono riversati i capitali presi a prestito in yen (mercati azionari, valute emergenti, ecc.), con pericoli di forti correzioni ma anche di violente escursioni dello yen giapponese. Una situazione del genere è avvenuta, ad esempio, nell’ottobre del 1998 quando una decisa quanto improvvisa avversione al rischio degli investitori causò un’impennata dello yen del 15% in soli 4 giorni nei confronti del dollaro americano. Un rialzo che, insieme al default della Russia, costò caro al Long Term Capital Management, il gigantesco hedge fund che perse 4.600 milioni di dollari in pochi giorni e che obbligò la Federal Reserve a mettere in piedi un piano di salvataggio per evitare un crack finanziario mondiale.

Più recentemente, invece, quando è saltata fuori la tempesta dei mutui subprime nell’estate 2007, con conseguente condizione generalizzata di avversione per strumenti rischiosi, in meno di un mese lo yen ha avuto un balzo del 30% nei confronti del dollaro neozelandese, del 10% contro dollaro americano (in un periodo, però, più lungo, 2 mesi), del 15% contro sterlina inglese, del 13% contro euro e del 25% contro dollaro australiano. Insomma, quanto basta per mettere in ginocchio parecchi “appassionati” di questa pratica speculativa.

Ancora, quando a settembre 2008 le Borse mondiali sono tornate a crollare quotidianamente a ritmi che non si vedevano dalla crisi del 1929, lo yen ha messo in atto escursioni da capogiro nei confronti soprattutto delle valute high yield come il dollaro australiano e quello neozelandese.


Il carry trade è un fenomeno che difficilmente si estinguerà nel lungo termine. Oggi la valuta di interesse è lo yen, ma domani potrebbe diventare il franco svizzero (già interessante per il suo saggio di interesse intorno all’1%) o addirittura l’euro. Chissà. L’unica preoccupazione rimarrà sempre la misura e la percezione del rischio che, come al solito, difficilmente sarà presa in considerazione dagli investitori.

A cura di Nicola D'Antuono

venerdì 7 novembre 2008

Guadagnare in Borsa con le compressioni di volatilità

Questo articolo è stato pubblicato anche sul blog della Bruno Editore, giacomobruno.it (7 novembre 2008, ore 14,26)

Una delle migliori strategie per fare trading a basso rischio è certamente quella di ricercare le compressioni di volatilità sulle azioni. Infatti, la volatilità può essere paragonata a un elastico: se viene allungato troppo alla fine schizza. Questo effetto-elastico è molto ricorrente in Borsa sui titoli che, a seguito di un’eccessiva contrazione della volatilità, effettuano poderose escursioni di prezzo offrendo contestualmente ottime opportunità di guadagno.

Nel mio e-book Trading a Capitali Ridotti, in uscita il prossimo 28 novembre, ho dedicato molto spazio a questa metodologia spiegando nei minimi particolari il modo in cui è possibile scovare queste condizioni favorevoli (con il relativo codice dell’indicatore sul software di analisi tecnica ProRealTime.com), ma soprattutto come sfruttarle per ottenere guadagni interessanti senza rischiare molto.

Ad esempio, stamattina (4 novembre 2008, mentre scrivo…) ho avuto la possibilità di lavorare un titolo appartenente all’indice S&P/Mib40, Seat Pagine Gialle, che mostrava una netta contrazione della volatilità. Inoltre, da qualche seduta, i prezzi si trovavano ingabbiati in un box molto stretto al di sotto di una soglia psicologica importante (0,07€). Analizzando la volatilità media del titolo a 50 giorni (superiore all’80%, che ti assicuro è davvero molto elevata) e quella di brevissimo periodo, era molto probabile che i prezzi avrebbero effettuato un violento movimento direzionale proprio in virtù della summenzionata caratteristica della volatilità.


Il grafico giornaliero (daily) in alto è molto significativo e mostra come i prezzi si trovavano all’interno di una congestione di breve periodo molto stretta (vedi linee tratteggiate). Ora è così possibile aprire il grafico a 5 minuti e intervenire sul breakout dell’ND Point (0,07€), come preventivato a seguito dell’analisi effettuata sul grafico giornaliero. Nel mio e-book sono spiegati minuziosamente tutti i passaggi da compiere, dall’analisi del titolo a mercati chiusi fino all’operatività pratica. Vediamo come è andata…

Non appena è avvenuto il breakout dell’ND Point (evidenziato dalla linea orizzontale sul grafico a 5 minuti), i prezzi sono letteralmente partiti a razzo realizzando ben 20 tick in pochi istanti. Se l’intenzione è quella di lavorare in un’ottica giornaliera, il cosiddetto day-trading “puro” (come ho fatto io in questo caso), era possibile prendere profitto a seguito di questo fortissimo movimento iniziale verso l’alto lucrando la differenza positiva tra il punto di ingresso e quello di uscita. Ecco i miei eseguiti.

Mi sono bastati soltanto 3 minuti per portare a casa 76 euro al lordo delle commissioni. Una volta sottratte le fees, il guadagno netto diventa 68 euro. Mica male in 3 minuti! Senza contare il rapporto rischio-rendimento molto favorevole 2:19, considerando lo stop loss sul minimo di seduta al momento del breakout (0,0698€). Praticamente ho rischiato 2 tick per guadagnarne 19!

Infine, una nota sul capitale utilizzato. La cifra è stata bassissima (2.800 euro), tra l’altro senza nemmeno ricorrere alla leva finanziaria. Infatti, il recente divieto sullo short selling (vendite allo scoperto) ha portato anche al blocco - in alcune piattaforme di trading - della leva finanziaria fino al prossimo 31 dicembre a causa delle eccessive turbolenze attuali dei mercati finanziari. Dunque, se potevo utilizzare la leva 10 offerta dal mio broker, il mio esborso in questa operazione era di soli 280 euro con un ritorno sull’investimento del 25% in 3 minuti. Questo è Trading a Capitali Ridotti!!!

A cura di Nicola D’Antuono

Autore di Trading a Capitali Ridotti

Vuoi leggere la scheda del mio libro Trading a Capitali Ridotti? Clicca sul seguente link:

http://www.autostima.net/shopping/prodotto.php?id_prodotto=253&pp=64588