sabato 31 gennaio 2009

Asset Allocation per il 2009

Oggi voglio dare a tutti i lettori di questo blog un'anticipazione (versione integrale) della mia intervista rilasciata per la rubrica "Botta e Risposta" (newsletter dell'ITF letta da circa 200.000 persone) curata come sempre in modo impeccabile da Diego Pastorino. La domanda che è stata posta a un gruppo di investitori e consulenti (tra cui ci sono anche io) è la seguente:
"Dopo un mese di mercato, questo 2009 qualche indicazione l'ha data. Per il vostro portafoglio o per i vostri clienti, quale asset allocation consigliereste: azioni, obbligazioni, commodity, cambi? Per le azioni quale allocation settoriale? Per le obbligazioni, quali tipologie di emittenti e scadenze? Quali commodity? Quale valuta?..."
Di seguito la mia risposta...
Personalmente ho un’idea abbastanza precisa sul come investire oggi giorno. Innanzitutto, ritengo che investire sia un “piano” che varia da individuo a individuo sulla base di diversi fattori: età, propensione al rischio, capitale disponibile, obiettivi, orizzonte temporale, ecc. Insomma, non esiste un’asset allocation universale per tutti. Tuttavia, ci sono alcune asset class che possono rispondere, in linea generale, alle esigenze di chi magari ha un’età non troppo avanzata, una propensione al rischio non esageratamente bassa e obiettivi di medio-lungo periodo. E’ chiaro che l’asset class che risponde al momento a questa tipologia di investitore è l’equity, cioè il mercato azionario. La discesa dei corsi azionari, depressi dalla recessione su base mondiale, sembra essere giunta al capolinea, tanto è vero che i principali indici azionari mondiali mantengono ormai da diverse settimane zone di supporto di lungo periodo (si pensi all’indice S&P500). Dunque, non mi sembra un’eresia puntare sull’equity attraverso piani di accumulo (settimanali o mensili nei primi tre mesi del 2009, dipende dagli importi) su uno o due ETF legati ad indici azionari (ad esempio, si può scegliere uno sull’S&P500 e uno più volatile come il nostro S&P/Mib40 o sul Dax). Sempre tramite questa tipologia di strumenti, si potrebbe intervenire sull’ETC sul petrolio per sfruttare un’eventuale ripresa delle quotazioni dell’oro nero non appena mglioreranno sensibilmente le aspettative future sul contesto macroeconomico. Per quanto riguarda le obbligazioni, punterei in minima parte (massimo un 5% del proprio portafoglio) su alcuni high-yield bond di società storicamente abituate a soffrire in periodi di recessione (anche gravi, come quella attuale) e con grande capacità del management di risollevare la società dal baratro. Sulle valute preferisco fare esclusivamente swing trading (o addirittura in giornata), in quanto la volatilità è molto elevata e difficilmente scenderà in futuro su livelli compatibili per gli investitori di medio-lungo periodo. Se proprio dovessi puntare una fiche, direi di prendere posizioni corte sullo yen che ha ormai raggiunto livelli quasi insostenibili per l’economia giapponese, oltre a riconsiderare la possibilità di una ripresa dei carry trade sulla valuta giapponese (ma anche il dollaro USA e il franco svizzero ai tassi attuali potrebbero ispirare gli investitori a ricorrere a questa pratica).
A cura di Nicola D'Antuono - info@miniday-trading.it

venerdì 30 gennaio 2009

Imparare a guadagnare correttamente

Una delle peggiori sventure che possa capitare a un trader neofita è quella di guadagnare una grossa somma con la sua prima operazione di trading. Si, avete capito bene. Si tratta del peggior modo di cominciare l’attività in quanto la saggezza e la disciplina necessaria per implementare un metodo concettualmente valido vanno a farsi friggere.

Infati, spesso capita (ed è successo in passato anche a me!) che all’inizio tutto sembra facile tra simulazioni vincenti con denaro virtuale e con le prime operazioni quasi tutte azzeccate senza un piano prestabilito. Immaginate quando si compra un titolo e non si rispetta lo stop loss, aspettando che i prezzi inizino a salire oltre il livello di ingresso. ”Che gran colpo!”, esclama il trader principiante. “Se questo è il meccanismo vincente allora potrei ripeterlo all’infinito e diventare ricco! Ho trovato la formula magica per la ricchezza!>”. Si tratta, invece, del modo peggiore di scavarsi la propria fossa (una sorta di “suicidio finanziario”) e stroncare sul nascere ogni velleità di intraprendere un cammino lungimirante e profittevole sul mercato nel lungo termine.

Il trader che si comporta nel suddetto modo verrà ben presto spazzato via dal mercato, perché non esistono scorciatoie per raggiungere la ricchezza. Il percorso è lungo, pieno di sacrifici e spesso mette a dura prova la labile psiche del trader neofita (ma anche i più navigati hanno a volte i loro momenti di difficoltà). Non serve guadagnare una grossa cifra oggi e tentare il trade della vita per poi perdere tutto nel giro di qualche giorno. Bisogna imparare a guadagnare correttamente, utilizzando i pattern più affidabili che abbiamo deciso di contemplare nel nostro sistema di trading costruito sulla nostra capacità di tollerare i rischi. Guadagnare correttamente, dunque. Ma anche perdere correttamente, quindi tagliare le operazioni negative a tempo debito senza farsi sopraffare dall’emotività e dalla voglia di dimostrare di non sbagliare mai…

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

giovedì 29 gennaio 2009

Rispetta il piano e non tergiversare!

Uno dei libri più belli dedicati al trading che ho letto è certamente Master Trader (versione italiana edita da TradingLibrary di Tools and Tactis for the Master Day Trader) dei due fondatori di Pristine.com, Oliver Velez e Greg Capra. Nella prima parte del libro, i due autori elencano i “sette peccati capitali” di un trader. Oggi voglio parlarti del settimo peccato capitale che gli autori mettono in risalto, cioè quello di tergiversare.

Molto spesso capita che molti trader non accettino di sbagliare e di beccarsi una perdita. Perdere, però, fa parte del gioco per cui bisogna considerare le perdite come costi fisiologici da sostenere nel corso dell’attività di trader. Non accettare una perdita spesso trascina con sé altri errori che possono trasformarsi in un vero e proprio boomerang con risultati anche disastrosi. Ho potuto riscontrare questa situazione in diverse sedute di coaching con i miei allievi. Ad esempio, mi è capitato di assistere a situazioni in cui un trade andava chiuso in quanto i prezzi non mostravano la forza che ci si attendeva con la possibilità di un falso break a nostro sfavore. Tuttavia, mentre chiudevo l’operazione con 20 euro di loss rispettando il piano e senza nemmeno ricorrere allo stop loss “catastrofico” (risparmiando qualche decina di euro), l’allievo non lo accettava e decideva di osservare nuovamente il grafico cambiando però time frame dal 5 minuti al giornaliero e poi fino al settimanale per trovare la giustificazione del suo ingresso e un livello più lontano dove eventualmente stoppare poi la posizione. Morale della favola? Io ho perso solo 20 euro e ho potuto rifarmi facilmente nei giorni a seguire segnando nuovi massimi sulla mia equity line, l’allievo poco disciplinato accusava giorno dopo giorno perdite sempre più pesanti perché il titolo scendeva con forza chiudendo poi addirittura dopo qualche settimana, al massimo della frustrazione, con circa 2000 euro di perdita!

L’allievo indisciplinato ha commesso il grave errore di non rispettare il piano iniziale (cambiando addirittura il time frame!!!) che avevamo stabilito prima di prendere posizione (comprensivo di ingresso, stop loss e take profit) e di tergiversare quando bisognava tagliare la perdita. Trading what you see, non trading what you hope… Traduzione concreta: fai trading in base alla realtà dei fatti così come sono e non come tu speri.

Alla prossima!

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

mercoledì 28 gennaio 2009

Perché a volte è meglio star fermi...

Ogni trader dovrebbe sapere che il cosiddetto overtrading (“eccesso di operatività sui mercati finanziari”) può risultare deleterio ai fini del raggiungimento di una elevata efficienza per quanto riguarda la propria performance. Infatti, un mal comune soprattutto dei trader neofiti è la smania di operare a tutti i costi, tutti i giorni e in qualsiasi contesto di mercato.

In realtà, un trader dovrebbe operare solo esclusivamente nel momento in cui ottiene un segnale preciso e affidabile dal suo personale trading system, sia esso automatico o discrezionale. Operare a tutti i costi può risultare con il passare del tempo una spina nel fianco del trader. Infatti, facendo ricorso anche alla mia esperienza di qualche anno fa, ho potuto constatare che l’overtrading annebbia la capacità della mente di scegliere le opportunità migliori e quelle compatibili con il nostro livello di tolleranza al rischio. Senza contare lo stress psico-fisico di dover entrare e uscire continuamente sul mercato cercando a tutti i costi il trade giusto.

Esistono situazioni in cui i mercati non offrono opportunità di rilievo anche per diversi giorni oppure può capitare che la volatilità diventa così alta da far impallidire anche i trader più navigati a causa di fortissime escursioni di prezzo intraday difficilmente sostenibili dalla nostra capacità di reazione.

Insomma, come dice Joe Ross: “Trading what you see”. Tradotto, vuol dire “fai trading in base a ciò che vedi realmente nei grafici”. Ogni trader dovrebbe scriversi questa frase a caratteri cubitali e appenderla a fianco al proprio pc in modo tale da vederla tutti i giorni.

Alla prossima!

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

martedì 27 gennaio 2009

Un piccolo assaggio di trading sulle valute

Nel mio ebook Trading a Capitali Ridotti ho fornito strategie di ingresso e di gestione della posizione sul mercato azionario italiano. Tuttavia, esiste un altro mercato su quale è possibile effettuare operazioni con un capitale molto limitato (addirittura con soli 1000 euro di deposito) e con rendimenti attesi molto elevati. Si tratta del Forex, il grande mercato delle valute.

Vi anticipo che nei prossimi giorni comincerò a fornire spunti su questo mercato sia teorici che pratici, magari attraverso un mini-corso sul Forex “a puntate”. Adesso vi offro soltanto un piccolo assaggino di una tecnica di ingresso intraday (time frame 5 minuti) sui cross in forte tendenza (magari anche con ADX elevato) che utilizza la media mobile esponenziale a 20 periodi (EMA20).

L’esempio è relativo al tasso di cambio Sterlina-Yen (GBP-JPY), sul quale sono andato long con lotto 0.2 (taglia da 20.000 GBP-JPY). Entrata: 126,92, stop loss iniziale 126,75, take profit 127,29. Il mio livello di target è stato abbondantemente raggiunto con gain di oltre 62 euro.


Se avete domande o bisogno di delucidazioni non esitate a contattarmi.

Allora… a presto!

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

lunedì 26 gennaio 2009

La differenza tra il trader dilettante e il professionista

La maggior parte dei trader neofiti pensa che, grazie a un buon corso di formazione oppure attraverso l’acquisto di testi specialistici sul trading, riuscirà a trovare la formula magica per guadagnare moltissimo denaro sui mercati finanziari magari utilizzando un indicatore perfetto che fornisca segnali di acquisto e vendita precisi. Premesso che la formazione sia uno step imprescindibile per chiunque avesse intenzione di cimentarsi professionalmente in questa attività, ciò non vuol dire che in questo modo si avrà la certezza di ottenere profitti costanti sul mercato.

Infatti, un trader dilettante agirà sempre sulla scìa di speranze e desideri senza mai calarsi nei panni del trader riflessivo e concentrato sulle reali dinamiche del mercato, in modo tale da affrontare in modo efficace la situazione corrente. Il dilettante compra le speranze ed è costantemente avvolto in una spirale di paura, ansia e desideri incompiuti. Non ha un piano prestabilito e non se ne preoccupa. Così facendo perde la lucidità necessaria per muoversi correttamente sui mercati e vive le sedute di trading in costante affanno e con la speranza di trovare prima o poi il trade della vita o quello che possa risollevarlo da una precedente forte perdita.

Il trader professionista, invece, è generalmente molto riflessivo, agisce soltanto quando ce n’è il bisogno e non si lascia trasportare dall’emotività. Non si concentra sull’aspetto monetario delle operazioni bensì soprattutto sulla qualità delle stesse. Ha un piano prestabilito prima di iniziare un trade, comprensivo della possibile uscita nel caso in cui subentrassero complicazioni. Sa benissimo che ciò che realmente conta per sopravvivere finanziariamente il più a lungo possibile è perdere poco e cerca così di restare in partita a tutti i costi.

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

domenica 25 gennaio 2009

Come le banche d'affari manipolano il mercato

Lo scorso 21 gennaio la banca d’affari statunitense Citigroup ha pubblicato un report impietoso sull’Isp sardo Tiscali suggerendo di vendere il titolo e portando il target price (“prezzo obiettivo”) da 1,25 euro a 0,15 euro! Il titolo, notoriamente volatile, è stato colpito duramente da sonore vendite che, dall’uscita del report, ha perso oltre il 55% del suo valore in tre sedute: da area 0,54 si è spinto fino a raggiungere un bottom a 0,343 dal quale poi ha reagito chiudendo la seduta addirittura con un rialzo superiore al 10%.


La domanda che mi pongo ora è la seguente: ”Come è possibile tagliare il target price di un titolo di oltre il 730% rispetto all’ultimo report?”. Tiscali aveva soltanto confermato il piano di riorganizzazione delle proprie attività e sulla base di ciò la banca americana ha bocciato il titolo in modo clamorosamente deciso. C’è da dire che Citigroup aveva rilasciato un precedente report nell’agosto 2008 con target price sul titolo a 1,25 euro in una condizione di mercato assai difficile che portò piano piano alla discesa catastrofica delle quotazioni di tutti i titoli azionari. Ora, con un mercato azionario che sembra poter ripartire da un momento all’altro e con la forte possibilità che sia stato raggiunto un bottom almeno di medio periodo, la banca d’affari USA ha rilasciato un report apocalittico sull’Isp sardo proprio nel momento peggiore delle Borse negli ultimi giorni.

La mia sensazione è quella di una manovra pilotata alla quale non si riesce a dare una spiegazione logica soprattutto nella drasticità del giudizio. Come è possibile giudicare un titolo in questo modo? Rimangono forti i dubbi, tanto è vero che anche la società delle telecomunicazioni sarda si è mossa per andare più a fondo nella vicenda e capire le reali motivazioni del report che rimane – lo ripeto – incomprensibile e stranamente pubblicato con un timing al dir poco perfetto per accaparrarsi (forse) i titoli a prezzi stracciati a seguito delle vendite degli investitori, che magari sono stati spaventati dal report della più grande banca d’affari del mondo.

Ancora una volta abbiamo la dimostrazione di come i cosiddetti “market mover” sono capaci di manovrare le quotazioni a loro piacimento e di decretare la sorte – nel bene e nel male – dei titoli quotati in Borsa. Non so se si può dire ma lo faccio comunque dicendo magari che si tratta soltanto di una bella favoletta… Ricordo benissimo quando una volta parlai con un analista finanziario di Lugano che mi spiegò come venivano manipolate le quotazioni attraverso le comunicazioni ai clienti facoltosi (soprattutto i family office) ai quali venivano dati consigli d’acquisto che poi venivano usati a favore della società… Insomma, un mondo di squali dove per nuotarci insieme è necessario operare attraverso sistemi di trading basati sull’analisi grafica e non sulle raccomandazioni fasulle di queste banche di investimento.

A buon rendere…

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

sabato 24 gennaio 2009

Market Profile

Salve cari lettori, oggi, dal momento che nel precedente articolo vi ho presentato l’intermarket analysis, vorrei proporvi un nuovo strumento di analisi, e dal momento che è uno studio incentrato sulla valutazione del mercato in generale, personalmente lo inserisco nella cassetta degli indicatori macroeconomici, andando così a completare il quadro dell’analisi macro.

Lo strumento di analisi in questione è il market profile. Il market profile come la stessa nomenclatura fa intuire, è lo studio della salute del mercato azionario e del suo futuro andamento, tenendo conto di macro-indicatori come gli indici di mercato. Se siamo operatori in opzioni USA, ci interesseremo della salute del mercato statunitense tenendo conto dei principali indici azionari, tra cui:

- Dow Jones Industrial Average
- Dow Jones Trasport Average
- S&P 500
- Nasdaq 100
- Russel 2000
Il Dow Jones Industrial Average unisce i 30 titoli industriali più forti del mercato, similmente al Dow Jones Transport Average, che invece unisce i 20 titoli di trasporto più forti. Poi abbiamo l’S&P 500 che raggruppa i 500 titoli più capitalizzati del mercato, infatti e uno dei più importanti indici in quanto ci tiene costantemente aggiornati sulla salute del mercato con il monitoraggio costante ed in tempo reale della capitalizzazione di mercato. In seguito, c’è il Nasdaq 100, che raggruppa le 100 società tecnologiche più importanti. Infine, c’è il Russel 2000 che raggruppa le 2000 aziende small cap più forti, quest’ultime spesso scambiate nell’American Stock Exchange (Amex).
Detto tutto ciò ora è possibile addentrarci e capire il market profile. Da premettere che se quest’ultimo è utilizzato insieme all’intermarket analysis, ci mette di fronte a una grande visione di insieme che ci porterà sicuramente dei grandi vantaggi.

Lo studio combinato e di confronto tra gli indici azionari, detto index benchmarking, può darci degli eccezionali segnali anticipatori. Partiamo dal presupposto che il Dow Jones è l’indice per eccellenza, e misura la forza dell’economia in generale, dal PIL alla potenza del mercato. Ma esiste comunque una condizione, e cioè che affinchè il mercato sia rialzista, e vi rimanga in maniera duratura e forte, è necessario che entrambi gli indici sia il Dow industriale che il Dow trasporti viaggino a rialzo, questa è una condizione importante, infatti una loro divergenza può far pensare ad indebolimenti di trend o ancor peggio ad un mercato fiacco e privo di forza. Il ragionamento speculare vale nel caso di un mercato ribassista, e cioè per far si che l’andamento del trend sia confermato a ribasso, entrambi gli indici devono essere “puntati” all’ingiù.

L’S&P 500 è il termometro del mercato, esso misura cioè lo stato di salute e il grado di liquidità presente a Wall Street. Esso va utilizzato in combinazione con il Nasdaq 100 e il Russel 2000. Infatti un mercato trending mostra sempre una concordanza tra questi tre indici. Mi spiego meglio. Se, ad esempio, ci trovassimo in un rialzo dell’S&P 500, esso sarà autentico solo se i tecnologici (Nasdaq 100) lo sostengono, dal momento che rappresentano un’importantissima fetta dell’indice stesso e dell’economia americana in generale. D’altro canto occorre pure che, affinchè il rialzo sia sicuro e duraturo, le small cap (Russel 2000) sostengano il rialzo, donando al mercato una base fortemente espansiva e di liquidità crescente.

In ultima analisi, è importante dire che affinchè il mercato si presenti in salute e in netta salita, è necessario che il Dow Jones e l’S&P 500 viaggino nella stessa direzione, altrimenti sarebbe un grosso segnale di debolezza anticipatorio di un’inversione di tendenza.

Per concludere voglio precisare che come operatori in opzioni non operiamo direttamente nel mercato azionario, né nel NYSE né nel NASDAQ, bensì nei mercati dei derivati - per la maggior parte dei casi nel mercato di Chicago (CBOE) - ma è comunque necessario studiare e analizzare i mercati azionari in quanto, essendo le opzioni dei derivati delle azioni, il loro valore dipende dall’andamento dei mercati azionari.

A cura di Giovanni Romano

venerdì 23 gennaio 2009

L'importanza di procurarsi una buona formazione

Questo articolo è dedicato soprattutto a coloro che stanno iniziando a muovere i primi passi nel settore del trading, generalmente leggendo qualche libro, articoli free o girovagando tra i forum finanziari. Oggi, infatti, affrontiamo l’argomento della formazione finanziaria, punto di partenza imprescindibile per chi avesse intenzione di dedicarsi in modo professionale a questa attività.

Al di là del fatto che ritengo necessaria una buona preparazione di base riguardo innanzitutto la gestione delle proprie finanze personali (a tal proposito ti anticipo che nei prossimi mesi dovrebbe finalmente vedere la luce il mio ambizioso progetto legato al coaching, mentoring e training finanziario, ma ne riparleremo più avanti…), quando ci si cimenta nell’attività di trading è fondamentale dotarsi di una formazione specialistica su ogni asset class che viene affrontata (azioni, options, cfd, valute, commodities, futures, bonds, etc.).

Troppo spesso, invece, diversi nuovi partecipanti – dall’alto delle loro lauree, specializzazioni e master vari – ritengono di poter affrontare anche questo settore da professionisti ma senza dover ricorrere ad alcuna preparazione specifica ulteriore. Si tratta di un grave errore che spesso può costare caro! Premetto che si tratta di un discorso generale. Infatti, ho formato personalmente diversi commercialisti, consulenti, dottori e professionsiti freelance, ognuno dei quali si è calato nelle vesti dell’umile lavoratore pronto ad apprendere le conoscenze necessarie per entrare a far parte di una nuova dimensione completamente diversa dalla professione esercitata abitualmente. Riflettiamoci un attimo. Per diventare avvocati, dottori, commercialisti o ingegneri sono necessari anni e anni di studio oltre a ulteriori anni di pratica. Per diventare investitori professionisti ci si può improvvisare tali o sono necessari anche qui diversi anni di studio? Propenderei decisamente per la seconda opzione…

Esistono due modi diversi per formarsi in questo settore: lentamente o velocemente. Premetto subito che la seconda opzione rimane comunque valida in quanto tende sì ad accelerare il processo di preparazione, ma il canale scelto (di solito un corso individuale con un bravo trader) offre l’opportunità di risparmiare all’inizio del tempo per avere una gran mole di informazioni sia teoriche che pratiche per iniziare a cimentarsi almeno con denaro virtuale sui mercati utilizzando strategie concettualmente valide. Inoltre, bisogna ricordare che lo studio in questa disciplina è un elemento ricorrente e non deve mai mancare. Della serie, il percorso di apprendimento è infinito e rappresenta il valore aggiunto del trader diligente e vincente nel lungo periodo.

La prima opzione, cioè formarsi lentamente, è quella che scelsi quando iniziai a interessarmi a questo straordinario settore. E’ un percorso ugualmente valido ma probabilmente non per tutti. Bisogna essere veloci nella lettura (a tal proposito colgo l’occasione per suggerirti la lettura di un ebook perfetto per imparare a leggere velocemente, Lettura Veloce 3x) e bravi a memorizzare il tutto da soli attraverso schemi e nomenclature dei diversi pattern e strategie di ingresso e di gestione del capitale senza una guida che possa aiutarti lungo il tuo cammino. Se si sceglie questa strada per risparmiare dal punto di vista economico (un buon corso costa generalmente almeno 2mila euro, il mio ad esempio 1800 euro ma dura almeno 2 mesi…) probabilmente si commette un errore grave: ad esempio, dispongo di una libreria con centinaia di testi sia in lingua italiana che straniera e penso che il suo valore si aggira almeno intorno ai 10.000 euro!

Ora, al di là del fatto che tu scelga la prima o la seconda opzione, è necessario che compili un budget dal quale attingere periodicamente per completare in modo efficiente la tua preparazione sia tecnica che mentale (in questo caso l’aiuto di un mentore potrebbe risultare fondamentale). Potresti iniziare la tua preparazione con il mio ebook Trading a Capitali Ridotti, che rappresenta un vero e proprio corso di formazione su carta organizzato in sette giornate durante le quali puoi apprendere le nozioni di base sull’analisi tecnica, come definire i tuoi obiettivi e strutturare un budget, conoscere il mercato azionario italiano, implementare alcune strategie di ingresso e di money management e verificare l’operatività pratica attraverso operazioni realmente eseguite sul mercato.

Vorrei concludere questo articolo con una frase di Michele Tribuzio (“Zio Mike”): ”La formazione è ciò che ci cambia l’esistenza. Senza formazione non siamo nessuno, con la formazione cominciamo a divertirci”.

Buona formazione a tutti!

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

giovedì 22 gennaio 2009

Vantaggi e svantaggi del trading di lungo termine

Un’altra domanda che più frequentemente mi viene posta dai trader neofiti riguarda la scelta dell’orizzonte temporale dei loro investimenti. Spiego loro che si tratta di una scelta che va ponderata in base alle proprie esigenze di lavoro (se si esercita già un’altra professione a tempo pieno), in base al capitale economico a propria disposizione e in base alla propria volontà di essere più o meno attivi sui mercati finanziari effettuando ripetute operazioni.

Dopo aver parlato nei precedenti post di strategie e psicologia dei trader di breve e/o brevissimo periodo, voglio mostrarti una classificazione generale dei vantaggi e degli svantaggi di operare sul lungo termine.

Vantaggi

1- Hai la possibilità di non stare incollato costantemente davanti ai monitor tutti i giorni. Per proteggerti dai periodi di maggiore volatilità puoi utilizzare le opzioni o semplicemente gli stop loss.

2- La pressione psicologica è molto bassa. Minimi sono anche i costi di transazione. Si può tranquillamente operare soltanto quando i mercati sono fortemente in trend e basta azzeccare anche solo un paio di operazioni per avere risultati molto soddisfacenti per diversi mesi.

3- A fronte di un rischio pari a uno, è lecito avere un rendimento atteso praticamente infinito.

4- Non serve avere strategie di ingresso il più possibile precise. Anche un’elementare entrata ad minchiam può rivelarsi favorevole.

5- Hai praticamente costi nulli riguardo alla raccolta dei dati. Non necessiti di dati in tempo reale e di un’attrezzatura altamente competitiva.

Svantaggi

1- Rischi di farti condizionare dai continui capovolgimenti di fronte dei prezzi nell’intraday se ogni giorno dai uno sguardo alle quotazioni dei titoli che detieni in portafoglio.

2- Devi avere molta pazienza. Per ottenere dei risultati positivi a volte è necessario attendere molti mesi se non addirittura anni.

3- Hai la necessità di operare attraverso diversi “veicoli di investimento” (azioni, valute, options, commodities, indici, etc.), scegliendo l’asset class maggiormente in trend.

4- Sbagliando anche solo un’operazione rischi di trasformare un’annata da vincente a perdente.

5- Il sistema di trading utilizzato di solito ha una percentuale di profittabilità molto inferiore al 50% e hai dei guadagni infrequenti.

Alla prossima!

Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

mercoledì 21 gennaio 2009

Il segreto per una lunga vita sui mercati finanziari

Nella mia esperienza di coach finanziario e di mentore per aspiranti trader, ho sentito diversi allievi rivolgermi la seguente domanda:”Qual è il segreto per rimanere il più a lungo possibile sui mercati finanziari”? Si tratta di una domanda la cui risposta spesso non trova applicazione nella quotidianità a causa della labile psicologia del soggetto che si cimenta nell’attività di trader online. La risposta è tagliare le perdite a tempo debito!

Sembra molto banale come risposta, in realtà molti commettono sempre gli stessi sbagli e non guardano prima dentro se stessi per ricercare il proprio malessere psico-fisico piuttosto che andare alla improbabile ricerca dei più svariati motivi tecnici che diano una risposta ai propri errori. Imparare a “perdere da professionisti” aiuta a sviluppare una grande capacità di gestione delle proprie risorse mentali e contestualmente permette di aumentare il livello di saggezza in questa attività. Se non si riesce ad accettare una perdita abbastanza velocemente si rischia di trasformare un’operazione in un film horror senza fine.

Le perdite sono una componente inseparabile del trading e molti non riescono ad accettare questa realtà. Penso spesso ad alcuni aspiranti trader che acquistavano un titolo e fissavano lo stop loss, per poi cambiare idea nel momento in cui c’era da chiudere in perdita l’operazione cercando altri supporti sul grafico giornaliero, poi settimanale e addirittura mensile! Morale della favola: una perdita di poche decine di euro si è trasformata in un fardello da migliaia di euro di perdite da trascinarsi per sempre sul groppone… Non è questo il modo giusto di fare trading!

Il vero problema è che molti trader – soprattutto i neofiti – mancano della dovuta proiezione verso il futuro. D’altronde, oggi magari sto perdendo solo 50 euro e domani il titolo potrebbe risalire in modo tale da recuperare tutto e, anzi, vincere anche qualcosina. Ma che succede se il titolo continua a scendere per altri giorni, se non addirittura settimane? Dunque, la migliore ricetta per gestire in modo corretto le perdite è avere un piano stabilito ex ante, prima di aprire una qualunque posizione sul mercato.

Chi vuole diventare un trader longevo deve imparare a perdere e gestire i propri errori. Se le perdite saranno mantenute su livelli minimi, i guadagni verranno da sé…

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday.trading.it

martedì 20 gennaio 2009

Rating: downgrade & upgrade

Salve cari lettori. In questo articolo voglio evidenziare quello che può essere definito un elemento in più per analizzare con successo un investimento. L’oggetto di studio è il rating di un investimento, ossia un indicatore che valuta sinteticamente la qualità di un titolo e che, allo stesso tempo, è in grado di influenzarne la futura quotazione.

A garantire la corretta trasparenza del mercato sono oggi delle società di revisione private. Ogni mercato possiede le proprie società di revisione, dove gli analisti più illustri valutano le aziende in base alla qualità dei bilanci pubblicati, e ciò avviene trimestre dopo trimestre. Ogni azienda quotata ha l’obbligo di sottoporsi alla valutazione delle società di revisione. L’operato delle società di revisione è controllato dalla Commissione per il Controllo della Borsa e dei Titoli. A tale scopo sono iscritte in un apposito albo detenuto dallo stesso organo di vigilanza della Borsa.

In passato, le società di revisione sono state oggetto di corruzioni per falso bilancio, ma ciò oggi è irrisorio in quanto, quando una società certifica un falso bilancio, prima o poi il pubblico se ne accorge ed è ovviamente costretta a chiudere i battenti a causa della perdita di fiducia di tutti gli investitori e a seguito dell’eliminazione dal mercato, tenendo presente pure le grosse sanzioni amministrative e talvolta penali in cui va incontro.

Comunque, per garantire al massimo l’investimento di operatori e risparmiatori, per legge, un’azienda è soggetta a dei controlli rotativi da parte di più società di revisione, cioè non è sempre la stessa società a revisionare e certificare il bilancio di un’azienda quotata.

Al di là di ciò, le società di revisione esprimono la qualità e la rischiosità di un investimento tramite un indicatore comune detto rating. Il rating di un investimento qualifica un titolo sotto un aspetto chiave, ossia il grado di rischio in relazione alla durata dell’investimento.

Il rating si divide in titoli adatti ad investimenti a lungo termine, e titoli adatti a investimenti a breve termine. I titoli consigliati a lungo termine, nell’S&P500, hanno il rating che varia dal giudizio “AAA”, posto in alto alla tabella, ossia il grado di investimento più sicuro, al giudizio “D”, posto a fine tabella, e classifica un investimento totalmente inaffidabile.

Per i titoli a breve il giudizio varia dalla classe “A-1+”, la migliore, alla classe “D”, la peggiore. Fino ad ora queste sono informazioni utili solo relativamente per uno speculatore a breve, come l’operatore in opzioni, però senza questa spiegazione non avrei potuto spiegarvi in parole semplici che cos’è un downgrade. Un downgrade è un declassamento del rating di un titolo, cioè può capitare che a seguito di più bilanci trimestrali negativi, la stabilità patrimoniale può risentirne anche in modo grave, e questo ovviamente può provocare la variazione del rating in negativo.

Questo processo è detto downgrade, e alla sua dichiarazione il titolo perde molta fiducia, soprattutto tra i risparmiatori. Su questa scìa si viene a creare una forte ondata di vendite, di conseguenza un calo repentino del prezzo del titolo, accompagnato tecnicamente da candlestick fortemente negative e da gap down particolarmente violenti.
Tuttavia può capitare anche il contrario, e cioè che un titolo acquisti più stabilità e venga premiato con l’acquisizione di una classe superiore di rating, in questo caso è ovvio che il prezzo tende a salire, ma non con la stessa intensità con cui scende… In questi frangenti si parla di upgrade ed è opportuno reagire con l’acquisto di opzioni call. Queste sono informazioni d’oro per chi opera con le opzioni, anche perché il downgrade (o upgrade) può considerarsi un evento particolarmente sensibile alla pari di earnings, dividendi, split e catalist.

A Cura di Giovanni Romano
Autore de IL PROFESSIONISTA DELLE OPZIONI

lunedì 19 gennaio 2009

Che cos'è un indice azionario e a cosa serve

Siccome questo blog è rivolto a tutti, dal trader neofita all’investitore più sofisticato alla ricerca di un confronto e di nuovi spunti strategici, voglio parlare oggi di un argomento piuttosto semplice e che fa parte del novero delle conoscenze tecniche di base per chiunque avesse intenzione di avere un approccio professionale ai mercati finanziari. Parliamo oggi degli indici azionari in generale, che cosa sono e quali sono i più importanti.

Un indice azionario non è altro che un sunto del comportamento di un paniere di titoli che lo compongono e raggruppati in base a un certo criterio. Un certo indice azionario permette di conoscere l’andamento di un settore in particolare o confrontare un settore con un altro diverso per capire quale mostra maggiore forza o debolezza. Chiaramente, quando si vuole investire su un gruppo di titoli appartenenti a un certo settore (tecnologia, petroliferi, utilities, etc.), è più semplice ricercare il relativo indice settoriale, acquistando così tutto il paniere piuttosto che esporsi singolarmente su ogni titolo. In questo modo l’investitore avrà la possibilità di acquistare un singolo strumento finanziario altamente differenziato piuttosto che una serie interminabile di titoli appartenenti allo stesso settore. Insomma, un indice azionario è sinonimo di semplificazione quando si tratta di effettuare scelte di investimento. Inoltre, può assumere la funzione di benchmark di riferimento quando si compara un titolo con l’intero settore di appartenenza.

Per investire direttamente su un indice azionario esistono diversi strumenti (sofisticati e non) che permettono di muoversi in base alle proprie esigenze e al proprio capitale a disposizione: Futures, Etf, Cfd, Fondi comuni di investimento, Sicav, Options, ecc. I futures sugli indici azionari seguono abbastanza fedelmente l’andamento dell’indice sottostante. Il valore del contratto di un future di solito viene ottenuto moltiplicando la quotazione dell’indice per il moltiplicatore relativo a ogni contratto. Con un future su un indice azionario è possibile speculare e/o investire sia al rialzo che al ribasso. Lo stesso vale per i CFD, i contract for difference. I fondi comuni di investimento e le Sicav sono spesso inefficienti e non permettono di scommetere sul ribasso. Meglio gli ETF, poco costosi e molto più efficienti, che stanno iniziando ad abbracciare anche l’operatività short, offrendo la possibilità di scommettere sul ribasso (ad esempio, l’ETF ShortDax DB).

La maggior parte degli indici vengono “pesati” in base alla capitalizzazione. Ciò vuol dire che i titoli con una capitalizzazione più elevata avranno un peso maggiore nel paniere, per cui muoveranno l’indice in modo abbastanza significativo in base ai loro movimenti sul mercato.

I maggiori indici mondiali sono:

- S&P500: comprende i 500 titoli a maggiore capitalizzazione del mercato statunitense. Contiene titoli come Microsoft, General Electric, General Motors, ExxonMobil. E’ utilizzato dagli investitori istituzionali come benchmark principale nelle loro valutazioni per misurare la performance di portfolio. E’ probabilmente l’indice piùimportante tra quelli presenti sui mercati.

- Nasdaq100: comprende i primi 100 titoli più capitalizzati della Borsa legata alla tecnologia. Qui troviamo titoli come Microsoft, Apple, Cisco, Intel.

- Nikkei225: comprende i 225 maggiori titoli della Borsa giapponese.

- Dax30: sono quotati i maggiori 30 titoli presenti alla Borsa di Francoforte.

In Italia, l’indice più importante è l’S&P/Mib40 che comprende i maggiori 40 titoli quotati alla Borsa di Milano (Enel, Eni, Unicredit, Intesa-SanPaolo, Fiat, ecc.). Altro indice di rilievo è il Mibtel, che contiene un po’ tutti i titoli quotati alla Borsa milanese.

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

domenica 18 gennaio 2009

La sterlina pronta per la risalita?

La sterlina britannica è stata senza dubbio una delle valute più colpite a seguito dell’esplosione della crisi economica internazionale. Osservare un cambio contro euro fino a 97,8 pence è sembrato vedere qualche film di fantascienza. D’altronde, la sterlina è sempre stata etichettata come la “moneta forte” per eccellenza e trovarsela praticamente alla pari con l’euro è parso effettivamente vedere qualcosa di innaturale. Tuttavia, c’è da dire che il pound ha pagato le aspettative per una contrazione della crescita in Gran Bretagna compresa tra l’1,5 e il 2% per il 2009 e un calo dei tassi fino all’1% (al momento siamo già all’1,5%). Aspettative che hanno portato a un continuo deprezzamento della valuta britannica nei confronti delle principali valute (euro, dollaro, yen).

Molti addetti ai lavori hanno criticato la politica monetaria della Bank of England sia sulla decisione sui tassi di interesse, sia sulla possibilità di entrare in Eurozona. In realtà, c’è da dire che la Banca d’Inghilterra probabilmente si è mossa correttamente e anche con un timing accettabile. Infatti, negli ultimi anni di ciclo espansionistico economico e nel pieno del boom immobiliare, la Gran Bretagna ha tenuto i tassi di interesse più alti dell’Area Euro tra l’1 e l’1,5%. Che cosa sarebbe successo, invece, sei i tassi di interesse fossero risultati più bassi e quindi in linea con quelli stabiliti all’Eurotower? Inoltre, la politica sui tassi della Bank of England è risultata aggressiva nel momento in cui bisognava esserlo in contrapposizione alla timidissima e conservatrice politica del taglio tassi della Bce.

Tuttavia, per chi vede la luce in prospettiva futura, e nemmeno troppo lontana, potrebbe iniziare a puntare qualche fiche sul pound soprattutto contro yen, fortificato negli ultimi mesi dall’avversione al rischio degli operatori istituzionali e del crollo dei carry trade. In realtà, se osserviamo il grafico mensile Sterlina/Yen possiamo notare che il cross è atterrato in un’area di supporto di lunghissimo periodo compresa tra 128-130. Una grande opportunità per investire sul pound senza grossi rischi in quanto la posizione potrebbe essere chiusa nel caso in cui avvenisse un approfondimento del ribasso con una chisura giornaliera (o settimanale per i più audaci) proprio sotto i 128.

La prossima settimana vi darò qualche dritta per aprire un conto per operare sulle valute (all’inizio solo dimostrativo o “demo”) partendo con un deposito iniziale di 500 o 1000 euro. Una cifra ridicola con la quale sarà possibile comunque ottenere ottimi risultati utilizzando le giuste strategie di ingresso e di gestione della posizione.

Alla prossima e buona domenica a tutti!

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

sabato 17 gennaio 2009

I cicli del mercato: l'unica spiegazione dell'attuale recessione

Salve cari lettori, oggi vorrei parlarvi di un argomento di grande attualità, e cioè la crisi economico-finanziaria che gli USA, e quindi il mondo, stanno vivendo. Dico il mondo in quanto una crisi che colpisce gli USA andrà a colpire inevitabilmente il resto del mondo.

Questo perché? Le risposte sono due e direttamente connesse l’una con l’altra. La prima è che gli investimenti finanziari più appetibili sono sempre stati nel Nuovo Continente, e ciò non è una novità. Si sa che gli investitori istituzionali e i risparmiatori di tutto il mondo detengono importanti obbligazioni e partecipazioni nelle società USA. Con questo non voglio assolutamente dire che sia stato uno sbaglio investire in USA, anzi è normale che sia così dal momento che le “Blue Chips” USA sono le più ricche del mondo e le più appetibili in termini di rendimenti e proventi distribuiti.

La seconda risposta è che i più grandi colossi di fornitura internazionale sono di marchio USA, in qualsiasi settore, dai microchip tecnologici all’esplorazione petrolifera. Infatti, sono solito chiamare il mercato USA il “cuore del capitalismo”. Quindi, con una crisi che colpisce a monte, come in questo caso le grandi aziende USA, è ovvio che si trasferisce fino a valle, e cioè anche alle piccole imprese provinciali, persino a quelle italiane.

Oggi molta gente comune e studiosi si interrogano su quali potrebbero essere le cause di questa recessione ed è ormai noto dare la colpa all’erogazione dei mutui sub-prime che hanno determinato il crollo del mercato immobiliare e il successivo crollo dei colossi finanziari USA.

Il crollo delle banche ha siglato in pochissimo tempo il passaggio dalla crisi di questa estate con il petrolio alle stelle e l’inflazione alla luna, alla recessione attuale con il petrolio risceso sotto terra e l’inflazione in cantina. In realtà la questione sub-prime è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso e dietro la recessione non è che ci sia un colpevole, perché se volessimo ricercare un colpevole dovremmo puntare il dito contro il mercato, che poi siamo noi investitori e consumatori.

Il mercato è un fenomeno di massa, e come tale si muove e si muoverà sempre sotto forma di cicli. Il mercato è ciclico e la Borsa è ciclica, non perché le aziende smettono ciclicamente di lavorare e produrre utili, ma perché il mercato come ho già detto è un fenomeno di massa, e dal principio dei grandi numeri, la massa (nel gergo viene definita "parco buoi") tende ad agire sotto forma di azioni comuni e cumulative. Di conseguenza tutto ciò da vita, nel lungo periodo, ad archi di tendenze che danno al trend di mercato un carattere ripetitivo e ricorrente, definendo così i cicli di mercato.

La fase economica che stiamo vivendo (recessione) non è né la prima e né l’ultima volta che avverrà, ma fino a quando esisterà un libero mercato, si alternerà ad altre fasi economiche come le quattro stagioni. Il mercato è composto infatti da quattro grandi fasi:
- espansione
- crisi
- recessione
- ripresa

In questo momento siamo nella fase della recessione e ci resteremo fino a quando non passerà la paura della massa. Per chi opera in opzioni (options) una recessione o una crisi è un’opportunità alla pari dell’espansione e della ripresa. Sfruttando la flessibilità di questi eccezionali strumenti, e con le giuste strategie, siamo in grado di trarre ricchezza da tutte e quattro le fasi di mercato.

A Cura di Giovanni Romano

venerdì 16 gennaio 2009

E se il petrolio avesse terminato la sua discesa?

In molti mi scrivono per capire se questo sia il momento opportuno per iniziare ad accumulare sulle azioni (o indici legati alle azioni) piuttosto che sulle obbligazioni, oppure su qualche materia prima piuttosto che tenere il denaro in depositi ad alta remunerazione. Premetto che “investire” non è altro che un piano di gestione delle proprie finanze che può variare da persona a persona in base a diversi fattori che ne influenzano la scelta: capitale a disposizione, tolleranza al rischio, conoscenza di determinate procedure operative, età, obiettivi, etc etc.

Dunque, questo post non va considerato alla stregua di una sollecitazione all’investimento bensì si tratta di un’analisi del sottoscritto che abbraccia elementi sia di natura tecnica che macroecnomica. Lo strumento che andiamo ad analizzare è il petrolio.

Il greggio quotato al Nymex (la Borsa merci di New York in cui vengono scambiati appunto i contratti future sul petrolio e i suoi derivati) ha perso dallo scorso luglio 2008, mese in cui si era affacciato prepotentemente in area 150 dollari, oltre il 320% del suo valore avvicinandosi ormai a quota 30 dollari al barile. Una vera e propria discesa senza fine. Sul declino dell’oro nero ha influito moltissimo la recessione su scala mondiale che ha visto una netta frenata delle importazioni di greggio da parte di quei Paesi in via di sviluppo che stavano crescendo a ritmi vertiginosi ogni anno (Cina e India in primis).

Dal punto di vista macroeconomico, potrebbero rappresentare segnali positivi per il petrolio gli eventuali primi dati migliori delle attese nel primo semestre di quest’anno. Infatti, non bisogna ricordare che i mercati finanziari si muovono in base alle aspettative future. Quindi, non appena inizieranno a essere pubblicati dati incoraggianti dagli States è molto probabile che il quadro macro del greggio si rafforzerà decisamente.

Dal punto di vista tecnico, il petrolio quotato al Nymex (prendendo in analisi il contratto “perpetual” mini) sta atterrando su una trendline di lungo periodo molto importante che potrebbe arrestare la discesa delle quotazioni proprio in area 30 dollari. Un eventuale breakdown di questo supporto dinamico porterebbe le quotazioni addirittura verso i 20 dollari al barile.

Comunque, per chi pensa ad una ripresa dell’economia e delle Borse nei prossimi mesi, potrebbe interessarsi a questa materia prima in un’ottica di investimento di medio periodo magari attraverso un piano di accumulo su base mensile per tre mesi (con lotti fissi e possibilmente non troppo “pesanti” economicamente considerata la volatilità del sottostante). Lo strumento migliore che consentirebbe una simile scelta di investimento sarebbe l’ETC sul Petrolio quotato a Milano con la denominazione ETFs Crude Oil. Si tratta di un titolo senza scadenza emesso da una società veicolo (nella fattispecie la ETFS Commodity Securities Limited) che riflette l’andamento di un indice “sintetico” (quindi il sottostante non è direttamente la materia prima): il Dow Jones-AIG Crude Oil Sub-Index. Questo indice riflette perfettamente il prezzo dei future sul greggio WTI quotato al Nymex. Il lotto minimo di negoziazione è 1. Il titolo ha una buona liquidità e il suo codice di negoziazione è “CRUD”. Non presenta commissioni di ingresso, né di uscita, né di gestione. Solo un TER (commissione totale annua) dello 0,49%, che va calcolato in base al periodo di detenzione dello strumento. Ad esempio, se investo 3000 euro sul CRUD e mantengo il titolo in portafoglio per 200 giorni, dovrò pagare in tutto: 3000/100*0,49 = 14,7/360*200 = 8,16666 euro. Infine, l’imposta sulle eventuali plusvalenze è sempre del 12,5%. Comunque, suggerisco sempre di leggere il prospetto informativo consultabile sul sito di Borsa Italiana al link www.borsaitaliana.it/ETF.

Di seguito anche il grafico settimanale del suddetto ETC che mostra segnali di inversione…

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

giovedì 15 gennaio 2009

La recessione, un grosso processo di rinnovamento

Salve cari lettori, oggi vorrei parlarvi di una tematica di estrema attualità, cioè la recessione che ognuno di noi sta sperimentando e vivendo da alcuni mesi a questa parte. La fase della recessione è un processo naturale del mercato. Non deve essere vista come una cosa estremamente negativa, certo si attraversa un periodo difficile e pesante, ma se guardata a fondo si tratta di una vera e propria barriera per i consumatori.

Alcuni di voi staranno sbalzando dalla propria sedia con la fatidica domanda: "Ma che... sta raccontando questo?". In realtà a mio avviso, i consumatori e i piccoli risparmiatori sono di certo investiti dalla recessione, ma in via del tutto indiretta,e non sono sicuramente le prime vittime. Mi spiego meglio.

La recessione è una fase di “pulizia” del mercato, cioè smaschera e leva completamente via i cattivi investimenti dal mercato. Se ci fate caso infatti, le aziende solide e con un bilancio patrimoniale di alta qualità stanno comunque subendo il blocco della recessione con una diminuzione della crescita finanziaria, ma non sono di certo sull’orlo del baratro, come sta succedendo per quelle aziende che presentano un cattivo stato patrimoniale e che sono immerse in un grave deficit patrimoniale. Un esempio lampante sono l’attuale caso di Ford e General Motors.

L’instabilità dei loro rendiconti era osservabile molto tempo prima di questa recessione, in quanto presentavano un leverage davvero disastroso. Perciò se non sarà l’intervento del governo a salvarle (di conseguenza dei contribuenti), possono già cominciare a dichiarare banca rotta. Dite la verità, per coloro che non sono degli analisti fondamentali, ma dei risparmiatori o anche consumatori, era inimmaginabile che Ford fosse allo stremo. Eppure ultimamente ha sfoggiato numerosi modelli di auto nuove. Infatti, osservando il caso dal punto di vista di un consumatore è possibile addirittura convincersi del contrario.

Ecco allora che è intervenuta la recessione, e ha letteralmente smascherato in pubblico l’altra faccia della medaglia. Perciò le vere vittime di una recessione sono in primo luogo, giustamente, le aziende di scarsa qualità e poco solide. Queste aziende se non sarà per il disperato intervento del pacchetto di salvataggio (e del conseguente aumento del debito pubblico) verranno spazzate via. Dopo questa recessione solo le migliori aziende rimarranno, e questo vale per tutti i settori, non solo per auto e finanziari. Rimarranno le aziende di alta qualità, più sicure e i più solide, ma non resteranno sole, perché il mercato si rigenera sempre con la nascita di nuovi componenti, in sostituzione a quelli vecchi e mal funzionanti.

Il succo del post è comunque farvi capire che con le opzioni è stato possibile, con tutta la sicurezza della posizione long, guadagnare somme davvero consistenti a seguito del crollo di questi colossi. Pensate a quanta capitalizzazione hanno perso queste aziende. Ma allora dove sono andati a finire tutti quei soldi? Di certo non sono spariti…

A Cura di Giovanni Romano

mercoledì 14 gennaio 2009

Quanto siamo abili come trader?

Un trader per definirsi “completo” sia dal punto di vista tecnico (e qui aggiungo anche la capacità di saper gestire le operazioni) che psicologico deve sapersi districare in tutte le fasi del mercato: al rialzo, al ribasso, laterale.

Infatti, la maggior parte dei trader che ho conosciuto era abbastanza brava a guadagnare in un forte mercato Toro mentre si smarriva quando il mercato andava laterale oppure iniziava a mostrare un definito mercato Orso. Accadeva anche che in mercati ribassisti cambiava qualcosa da un punto di vista psicologico e si commettevano errori che costavano pesanti battute d’arresto economiche. Insomma, l’abilità di un trader è sinonimo di flessibilità e di capacità di sapersi adattare in qualsiasi contesto di mercato. Tra l’altro non va dimenticata la possibilità di lavorare i mercati al ribasso grazie alla tecnica delle vendite allo scoperto (short selling), di cui parlo dettagliatamente anche nel mio ebook Trading a Capitali Ridotti. Dunque, non si è abili quando in un mercato Toro il 95% dei titoli sale ininterrotamente quasi tutti i giorni, ma quando si guadagna costantemente affrontando altri contesti di mercato.

Ad esempio, gli ultimi mesi del 2008 sono stati caratterizzati da ribassi al dir poco incredibili e la situazione economica veniva etichettata come “catastrofica”. Ho visto molti trader commettere errori grossolani a causa di una labile psicologia che gli impediva di esprimersi con efficacia nonostante avessero le nozioni tecniche per affrontare un simile contesto. Anzi, dopo il divieto dello short selling decretato dalla Consob per cercare di arginare la caduta libera delle Borse attraverso la mera speculazione, molti trader cercavano di individuare i minimi per sfruttare i rialzi. Una strategia da “suicidio finanziario”. Un mercato ribassista rimane in ipervenduto per molto tempo e spesso i movimenti intraday al ribasso fanno drizzare i capelli a chi è entrato nella direzione sbagliata.

Ancora una volta cerco di mettere l’accento sulla parte psicologica che risulta senza dubbio quella fondamentale per aumentare le probabilità di successo in questa attività. Abbiamo visto che essere abili vuol dire essere flessibili e avere una grossa capacità di adattamento ai diversi contesti di mercato. Un trader per definirsi abile deve mostrare pazienza, prontezza e capacità di scelta (stock picking e timing). Chi ha seguito la mia newsletter Traders Truth™ nel periodo in cui le Borse si scioglievano come neve al sole sa di cosa sto parlando e del modo in cui è stata affrontata la situazione. D’altronde sono qui a scrivervi con il sorriso sulle labbra…

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

martedì 13 gennaio 2009

Intermarket analysis: metodologie e applicazioni

Salve cari lettori, oggi vorrei parlarvi di un argomento totalmente nuovo. Si tratta di un’ulteriore analisi, che ha un nome diverso ma che io classifico come strumento macroeconomico: si tratta dell’intermarket analysis.

L’analisi intermarket consiste in uno studio complessivo di tutta la Borsa e del mercato economico in generale. E’ come un’analisi benchmarking, solo che invece di mettere a confronto singoli titoli o indici si mettono a confronto interi mercati. Ad esempio, verificando il semplice andamento del mercato delle valute si può facilmente intuire l’andamento delle commodities, in quanto sono strettamente dipendenti l’uno dall’altro.

Iniziate a capire ora di cosa si tratta? In parole povere il mercato visto in un contesto generale è l’insieme di più mercati inter-operativi, e in quanto tale questi mercati si influenzano a vicenda a seconda del loro andamento. Infatti un mercato in salute conserva sempre un certo equilibrio tra i suoi organi, mentre un mercato in crisi si riconosce dal totale disequilibrio delle parti.
Gli elementi da tenere sempre d’occhio sono:
1- L’andamento dei tassi di interesse;
2- Il dollaro USA;
3- Il mercato delle commodities;
4- Il mercato obbligazionario;
5- Il mercato azionario.

Ognuno di questi mercati è strettamente connesso l’uno con l’altro, e l’andamento di uno può influenzare anche drasticamente quello di un altro. L’intermarket analysis fornisce importantissime previsioni, e può permettere all’operatore di intuire preventivamente delle controtendenze importanti. Oltre a ciò l’intermarket analysis può dare degli ottimi segnali di timing sia ad operatori in opzioni, sia ad operatori in azioni.

Si tratta di un’eccellente analisi per capire la logica del mercato e con quale cognizione di causa esso globalmente si muove, perché se pur un individuo è un operatore a breve termine, deve comunque capire cosa sta sotto l’euforia del mercato, altrimenti è come giocare alla cieca, e a dir la verità anche come un dilettante.

Ora ci concentreremo più approfonditamente sui rapporti tra questi mercati e come si influenzano reciprocamente. Io definisco gli amministratori delle banche centrali i sovrani della finanza nazionale, nel caso della Federal Reserve USA i sovrani della finanza mondiale. Ciò perché le banche centrali hanno il potere di variare il tasso di riferimento, che a sua volta influenza i tassi interbancari e i tassi di interesse al pubblico retail.

La variazione dei tassi di interesse ha inevitabilmente un impatto positivo o negativo per il mercato delle valute, e precisamente un aumento dei tassi di interesse secondo la teoria tradizionale (lasciando perdere le teorie dei monetaristi) provoca una diminuzione del potere d’acquisto del dollaro, mentre al contrario una diminuzione dei tassi provoca un aumento del potere d’acquisto del dollaro. Per verificarlo basta prendere in considerazione l’andamento del tasso di riferimento e l’Us Dollar Index oppure il cambio EUR/USD.

A sua volta il dollaro influenza il mercato della Borsa merci. Infatti prendendo in considerazione ad esempio l’indice della Goldman Sachs, ossia il Goldman Sachs Commodity Index, che raggruppa un totale di 22 merci, quest’ultimo si muoverà nella direzione opposta a quella dell’Us Dollar index. Così ad un aumento del potere d’acquisto del dollaro corrisponde un indebolimento del mercato delle commodities, mentre ad una diminuzione del potere d’acquisto del dollaro corrisponde un rafforzamento del mercato delle commodities.

A sua volta il mercato delle commodities influenza in maniera considerevole il mercato finanziario, infatti esiste una stretta relazione tra Borsa merci e Borsa valori. Le commodities hanno un’influenza particolare sul mercato obbligazionario, infatti un aumento delle commodities comporta un indebolimento del mercato obbligazionario. Per verificarlo basta confrontare (benchmarking) sempre l’indice della Goldman Sachs riferito alle commodities con i Buoni ordinari del Tesoro, i Treasurys Bonds a 10 anni sono più che adeguati.

Per quanto concerne il mercato azionario occorre fare un frazionamento intra-market tra settori ciclici e non ciclici o difensivi. Infatti i settori ciclici come i finanziari o gli industriali, si muovono parallelamente al mercato obbligazionario e specularmente a quello delle commodities, basta confrontare il Goldman Sachs Commodity Index ed il Dow Jones Average Industrial. Mentre i settori difensivi, i produttori di beni primari per intenderci (ad esempio gli energetici), ad un aumento delle commodities reagiscono positivamente aumentando anch’essi la loro quotazione.

Questi sono gli aspetti generali dell’intermarket analysis, essa può davvero dare una visione chiarissima del mercato e del suo andamento futuro. Questa tipologia di analisi deve essere utilizzata almeno una volta al mese da qualunque operatore di Borsa, e cioè sia da operatori in opzioni, che in futures, che in azioni ed ETF, e anche e soprattutto da investitori in mutual funds (fondi comuni) ed indici.

A Cura di Giovanni Romano, autore di Il Professionista delle Opzioni

lunedì 12 gennaio 2009

Guadagnare in Borsa con i breakout del prezzo

Nel mio ebook Trading a Capitali Ridotti ho spiegato diverse tipologie di breakout di livelli del prezzo particolarmente significativi (i cosiddetti ND Point). Oggi voglio mostrare un esempio pratico di come sia possibile ottenere buoni risultati economici, pur partendo da un capitale limitato, sfruttando il breakout di un ND Point posto su un massimo relativo.

Ho spiegato nel mio ebook come identificare questa configurazione del prezzo alle pagine 142 e 143. Nell’ebook scrivo in questo modo: “Un ND Point posto su un massimo relativo identifica un picco massimo del prezzo dal quale un titolo sta effettuando un ritracciamento oppure un breve movimento laterale”.

Proprio oggi Acotel Group (simbolo: ACO), un titolo quotato alla Borsa di Milano sul segmento AllStars, ha soddisfatto questi requisiti e si è presentato prima dell’apertura delle contrattazioni con il seguente grafico giornaliero.

Come si può notare dal grafico, il livello di interesse sul quale intervenire è 45,70€ che rappresenta il massimo di un trend emergente rialzista molto forte a cui ha fatto seguito un movimento laterale di circa un mese. Stamattina i prezzi hanno superato 45,70€ nei primissimi minuti di contrattazione raggiungendo 45,80€ e poi hanno messo in atto un consolidamento intraday di un paio d’ore. Si poteva entrare già a 45,70€ con stop loss sotto il minimo di giornata (44,76€) ma ho atteso la fine del consolidamento intraday per poi entrare a 45,80€ con 60 pezzi (praticamente 2700 euro di capitale investito). Ho poi venduto la mia posizione a 47,17€ per un guadagno al netto delle commissioni di 74 euro.


Nella mia newsletter Traders Truth™ avevo suggerito l’ingresso proprio a 45,80€ con stop loss iniziale “catastrofico” a 44,76€ e target 48,99€. Ho suggerito in chat di chiudere la posizione in area 48€.


A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

domenica 11 gennaio 2009

Il breakout di un ND Point attraverso l'osservazione del book

Nel mio ebook Trading a Capitali Ridotti ho parlato ampiamente della tecnica del breakout di un ND Point e di come, nella maggior parte dei casi, sia possibile lucrare ottimi profitti in pochissimo tempo. Oggi voglio mostrare come può presentarsi il book al momento di un breakout e quando può essere ritenuto maggiormente significativo per decidere un’eventuale ingresso.

Igd (simbolo: IGD), titolo quotato sul segmento AllStars di Borsa Italiana, mostra un trend rialzista emergente molto forte sul grafico giornaliero, formando un nuovo massimo a due mesi a 1,396€. La seduta successiva i prezzi, dopo un lungo consolidamento intraday, si muovono velocemente verso l’alto avvicinandosi prepotentemente verso il massimo relativo. In questi casi, l’ND Point diventa il numero intero (nella fattispecie 1,40€), in quanto - soprattutto sui titoli illiquidi - i market maker tendono a inserire gli ordini più consistenti sui numeri tondi. Ad esempio, se un titolo forma un nuovo massimo a 0,996€, l’ND Point sarà 1€ (cifra tonda e soglia psicologica).

Ebbene, vediamo come si presentava il book di Igd quando ci si è avvicinati velocemente al livello di 1,40€.

La quantità posta in lettera a 1,40€ è molto elevata (circa 50.000 pezzi) ed è stata già colpita alcune volte. Non sono riuscito a catturare il successivo fotogramma che vedeva l’ingresso in denaro a 1,389€ di oltre 20.000 pezzi, il che faceva presagire a un attacco ancora più deciso dei compratori allo scopo di scardinare questa resistenza.



La rottura di 1,40€ porta a un velocissimo allungo fino a 1,437€ e la possibilità di liquidare senza grossi problemi la propria posizione almeno a 1,43€, data la presenza di numerosi scambi su questo livello. Insomma, utilizzando anche 2000-2500 pezzi si poteva lucrare tra i 50 e i 60 euro netti in pochi secondi. Nel mio ebook Trading a Capitali Ridotti spiego l’importanza di avere quantità predefinite da utilizzare nell’attività di day-trading in base all’ampiezza del tick del titolo.

Alla prossima!

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

sabato 10 gennaio 2009

5 segreti per migliorare le performance in Borsa

La maggior parte delle persone che si cimentano nell’attività di investimento e/o speculazione in Borsa hanno delle proprie convinzioni su come poter guadagnare, pensando che sia necessaria una particolare abilità per districarsi senza grosse problematiche tra le ispide strutture dei mercati finanziari. C’è chi è convinto che sia necessario un trading system in grado di offrire una percentuale di profittabilità molto elevata. C’è chi studia “follemente” le tecniche di entrata dei migliori trader mondiali (per lo più statunitensi) alla ricerca del cosiddetto “Santo Graal” del trading (leggasi: “sistema di entrata perfetto”). C’è chi ricerca il miglior assetto strategico predisposto in base a un money management che assicuri perdite limitate senza incorrere in accentuati drawdown. Insomma, ce n’è per tutti i gusti e mi ci metto anche io nel novero di coloro che hanno manifestato segnali di insofferenza, soprattutto all’inizio sulla propria curva di apprendimento, alla ricerca della condizione ottimale per poter lavorare efficacemente in Borsa.

Tuttavia, premesso che sia necessaria una buona preparazione tecnica di base, il vero punto di forza di un trader risiede in un comportamento abitudinario che possa garantirgli una forma psico-fisica ottimale in grado di metterlo in condizione di guadagnare in Borsa sfruttando le sue doti tecniche e di gestione delle posizioni.

Nella mia ricerca – effettuata soprattutto attraverso la lettura di testi motivazionali di elevata qualità – ho potuto constatare, anche facendo leva sulla mia esperienza diretta sul campo, che l’atteggiamento sia fisico che mentale propedeutico al successo in Borsa (d’altronde, poi, lo è in qualunque settore di attività…) risiede nelle seguenti abitudini o, se mi viene permesso, può essere racchiuso in 5 “segreti”:

SEGRETO N.1
Andare a dormire presto la sera e svegliarsi presto la mattina è un ottimo punto di partenza. Chi dorme non piglia pesci. In Borsa non prendere pesci, vuol dire non guadagnare soldi. Ciò vuol dire che bisogna svegliarsi in tempo per seguire almeno la prima mezz’ora di contrattazione (meglio ancora la fascia oraria compresa tra le ore nove e le dieci di mattina, considerando il mercato azionario italiano), dove si concentrano le migliori escursioni di prezzo dei titoli e gli scambi maggiori.

SEGRETO n. 2
Ogni mattina, prima dell’apertura delle contrattazioni, dedica un po’ di tempo a te stesso. Fai un po’ di esercizio fisico, magari un po’ di jogging se ne hai la possibilità. Sveglia tutti e cinque i sensi. Dedica almeno venti minuti alla lettura di un buon libro motivazionale (come ad esempio, “Penso Positivo” di Giancarlo Fornei, “La Nuova Legge di Attrazione” di Viviana Grunert o “Peak State” di Giacomo Bruno, oltre a tantissimi altri che magari già conosci). Riguarda le strategie che hai pianificato il giorno prima (ma sono sicuro che lo fai già, vero?).

SEGRETO N. 3
Scrivi i tuoi obiettivi monetari per la nuova seduta di Borsa in modo chiaro e preciso, ma soprattutto mettili per iscritto! Verifica, su un canale finanziario (di solito, Bloomberg o Cfn-Cnbc) o su internet, l’apertura dei futures relativi agli indici principali di mercato e verifica se ci sono ancora le condizioni per raggiungere i tuoi obiettivi. Ad esempio, se avevi programmato operazioni al rialzo e i futures sono pesantemente negativi, potrebbe esserci un calo generalizzato che impedirebbe l’attivazione dei tuoi ordini e ne diminuirebbe le probabilità di sucesso.

SEGRETO N. 4
Se raggiungi il tuo ufficio dedicato al trading di Borsa in auto, ascolta audio-cassette motivazionali e/o riguardanti gli investimenti. Se non hai un ufficio, ti consiglio di metterlo a budget. Non è “igienico mentalmente” lavorare da casa mentre tua moglie ti chiede di andare a fare la spesa o di stare attento ai bambini! Se, invece, preferisci comunque lavorare da casa chiedi la cortesia di non essere disturbato per nessun motivo almeno per un’ora. Fai capire ai tuoi familiari che ciò che fai va considerato alla stregua di una professione (anche se viene esercitata part-time).

SEGRETO N. 5
All’apertura della Borsa, agisci! Metti in atto le strategie che avevi pianificato. Non avere paura di cliccare sul tasto buy/sell. Il rischio fa parte del “gioco”. Associa piacere per il raggiungimento dei tuoi obiettivi fissati ex ante e non al dolore di poter incappare in operazioni negative. Metti in pratica le strategie che ti ho spiegato nel mio ebook Trading a Capitali Ridotti, tenendo conto del tuo livello di tolleranza al rischio.

Buon trading!

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

venerdì 9 gennaio 2009

Il "Bullish Engulfing" al servizio dei position trader

In questo blog ho quasi sempre affrontato tematiche relative a tecniche speculative di brevissimo periodo. Oggi voglio parlare, invece, di una interessante strategia utile quasi esclusivamente per chi fa trading di posizione, cioè tutti coloro che mantengono le posizioni per un periodo di tempo almeno superiore alla settimana.

Sto parlando del bullish engulfing, versione rialzista di un pattern della candlestick analysis che risulta tra quelli maggiormente affidabili da un punto di vista statistico. Grazie a questa configurazione grafica è quasi sempre possibile individuare un punto di svolta del mercato e, quindi, una probabile inversione del trend. Engulfing vuol dire “abbracciato” e rispecchia perfettamente la fisionomia del pattern. Praticamente è l’equivalente della candela outside. Per avere una certa importanza, questo pattern deve verificarsi alla fine di un trend ribassista, sia esso di medio o lungo periodo.

La figura in alto mostra come dovrebbe apparire un bullish engulfing alla fine di un trend ribassista. Per avere maggiori probabilità di successo l’esperienza mi porta a considerare la presenza dei seguenti filtri operativi:

1) formazione di un minimo significativo: a 1 mese, 2 mesi, annuale, storico;


2) candela outside con volumi molto elevati, meglio ancora se corrispondono al doppio della media mobile dei volumi delle ultime 30 sedute.

E’ fondamentale, poi, l’attivazione del setup. Ciò vuol dire che i prezzi devono superare di almeno di un tick il massimo della candela outside. Un intervento operativo presuppone che lo stop loss venga inserito 1-2 tick sotto il minimo del pattern. Comunque, è consigliabile non rischiare più di un 10% in una simile operazione. Vediamo ora un esempio pratico su Maire Tecnimont (simbolo: MT), titolo quotato sul segmento Midex di Borsa Italiana.

Come è possibile notare dal grafico daily in alto, i prezzi formarono lo scorso 10 aprile 2008 un nuovo minimo mensile ma nella stessa giornata ci fu una imponente reazione con volumi ben oltre la propria media a 30 sedute. Si forma così un bullish engulfing.

La strategia è semplice: comprare al superamento di 3,20€ con stop loss sotto 2,99€. In questi casi, è meglio stabilire un primo target ex ante a uno o, meglio ancora, a 1,5 volte il rischio iniziale. Seguendo l’esempio relativo a Maire Tecnimont, si poteva vendere metà posizione in area 3,50€ con nuovo stop loss a pareggio. Il resto della posizione andrebbe poi seguita in trailing stop.

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

mercoledì 7 gennaio 2009

Qual è l'orario migliore per lavorare in Borsa?

Molto spesso, durante le mie sedute di coaching individuale, tendo ad ascoltare i miei allievi sulle loro sensazioni e convinzioni che hanno sul mondo della Borsa, soprattutto quando sono neofiti o trader con pochissima esperienza. Ciò mi aiuta a capire se sono stati influenzati nelle loro idee di partenza dalle parole e/o da contenuti proposti da altre persone. Si tratta di un passaggio abbastanza delicato che può rivelarsi fondamentale, in quanto tende a influenzare l’atteggiamento mentale dell’interlocutore in modo abbastanza forte e ne condiziona il futuro modus operandi nel settore degli investimenti. Insomma, essere fedeli alla locuzione latina Vox Populi, Vox Dei può risultare controproducente in questo settore dove il 90% dei partecipanti perde denaro e dove solo pochi svolgono questa attività in modo professionale e previa adeguata peparazione sia tecnica che mentale.

Oggi voglio parlare di un detto che ho sentito molto spesso durante le mie giornate formative: “Non operare mai in Borsa nei primi 30 minuti di contrattazione perché c’è troppa volatilità”. In realtà, è difficile essere d’accordo con questa affermazione. Infatti, la prima mezz’ora di trading è probabilmente la migliore in assoluto per guadagnare denaro in Borsa. Chiaramente mi riferisco a un’operatività di day-trading, anche perché i trader di posizione generalmente inseriscono gli ordini condizionati la sera prima e verificano la loro posizione a fine seduta.

Nel mio ebook Trading a Capitali Ridotti ho spiegato qualche strategia adatta proprio ai mini day-trader che prendono in considerazione i movimenti della prima mezz’ora di trading. Ho spiegato come e quando entrare, dove posizionare lo stop loss e il target. Si tratta di strategie che hanno un’ottima affidabilità statistica con percentuali di successo molto elevate sul mercato azionario italiano. Chiaramente, un filtro operativo che fa la differenza è senza ombra di dubbio l’esperienza.

Dunque, la prima mezz’ora di trading può essere considerata probabilmente la migliore in assoluto per guadagnare in Borsa (e forse anche l’ultima di contrattazione). Considerando il mercato azionario italiano, il riferimento non va soltanto a quei titoli che aprono alle ore 09,00 e che chiudono alle 17,25, ma anche ai titoli più illiquidi che aprono alle ore 11,00 e che chiudono alle ore 16,25.

Infine, vediamo anche qual è l’orario meno appetibile per un day-trader nel corso di una seduta. L’orario peggiore per lavorare sul mercato azionario italiano è compreso tra le ore 12,30 e le 14,00. Durante questa fase di contrattazione è possibile assistere spesso a false partenze, pressioni in acquisto/vendita nel book ingannevoli e progettate ad arte dai market maker, labili breakout e altre diverse trappole. Fanno eccezione soltanto i grandi consolidamenti intraday di titoli interessati da un fortissimo rally giornaliero.

Comunque, puoi verificare tu stesso le eventuali lacune della tua operatività segnandoti le operazioni profittevoli e quelle negative su un foglio excel (o su formato word o semplicemente su un foglio di carta!) suddividendole per fasce orarie proprio come suggerito nel mio ebook Trading a Capitali Ridotti. Resterai sorpreso di come basti poco per diminuire le operazioni in perdita semplicemente seguendo questo consiglio.

Alla prossima!

A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it
Autore dell'ebook "Trading a Capitali Ridotti"

Un'esplosione di volatilità da manuale!

Nella newsletter Traders Truth™ (n. 303, 5 gennaio 2009, ore 16,09) avevo consigliato agli abbonati di seguire attentamente un titolo quotato alla Borsa di Milano, sul segmento AllStars: Trevisan Cometal (simbolo: TRV).

Ecco come recitavano le mie parole: “E’ abbastanza illiquido lo so, ma se questo dovesse superare i 0,90€ non escludo un allungo eccezionale dei prezzi. I volumi sono in netto aumento e si può ipotizzare un’area di approdo ben oltre la soglia psicologica di un euro. Insomma, con pochi pezzi si potrebbe tentare di sviluppare un trade che potrebbe regalare enormi soddisfazioni”.
Di seguito è possibile visualizzare il grafico daily relativo a suddetto titolo poco prima del movimento rialzista al dir poco esplosivo.

Insomma, una congestione con contrazione della volatilità in un contesto di mercato favorevole, considerando il trend emergente rialzista presente su tutti i listini azionari. Stamane, pochi minuti fa, ho suonato la ritirata per i più audaci che hanno “scommesso” qualcosina sul titolo.

Una bella scolpacciata, considerando il capitale di ingresso suggerito!
A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

martedì 6 gennaio 2009

Come si sono comportati i titoli segnalati nella prima newsletter dell'anno?

Nella mia newsletter di informazione finanziaria Traders Truth™ (n. 302) avevo dato cinque consigli operativi su titoli quotati sul nostro listino. Ebbene, escludendo Aeffe (impossibile da prendere per mancanza di quantità necessarie per entrare al rialzo al livello prefissato), si sono attivati gli ordini relativi a Italcementi, Fastweb e Igd.

Italcementi, al breakout di 9,275€, si è spinto in pochi minuti fino a 9,50€ (cioè un +2,4% circa). Un day-trader o uno scalper avrebbe avuto una ghiotta opportunità per lucrare tanto in poco tempo senza considerare che lo stop loss andava inserito sotto il minimo intraday al momento del breakout che era 9,265€. Insomma, rischio prossimo allo zero! Tuttavia, su questo titolo non sono riuscito a entrare perché stavo seguendo altri titoli e non avevo inserito nemmeno l’ordine condizionato. Fastweb, invece, ha brekkato 21,60€ (il livello di ingresso suggerito) proprio pochi istanti prima della chiusura della Borsa, ed è un trade ancora in corso.

Molto interessante è stato, invece, il trade che ho eseguito su Igd, che avevo suggerito in newsletter al breakout di 1,15€ (a seguito della formazione di un interessante 3 Wakeup Call) con target iniziale in area 1,19€ e stop loss iniziale “catastrofico” sotto il minimo intraday.

Sono entrato al rialzo, come da piano operativo, a 1,15€ alle ore 9,28 con 2500 pezzi. Lo stop loss iniziale è stato 1,11€ ma ben presto si è formato un supporto statico nel book a 1,135€ con oltre 20000 pezzi che è diventato così il mio nuovo stop loss.

Dopo una lunga congestione, il titolo si è mosso – nonostante la perdita di momentum dell’indice principale – e così ho chiuso l’operazione a 1,177€ alle ore 11,14. Risultato: 59,50€ netti di profitto.



A cura di Nicola D’Antuono – info@miniday-trading.it

Autore dell'ebook Trading a Capitali Ridotti

lunedì 5 gennaio 2009

Guadagnare con i consolidamenti intraday

Per chi lavora con orizzonti temporali di breve e/o brevissimo periodo è necessario sempre mantenere livelli di rischio molto bassi e un’elevata percentuale di profittabilità (almeno superiore al 50%). Infatti, i day-trader e gli scalper devono fronteggiare la presenza continua di alcuni “nemici nascosti” a cui non sempre viene attribuito molto peso, come lo spread e le commissioni unitarie. L’ho potuto notare in diversi seminari che ho tenuto in occasione di importanti eventi di caratura internazionale legati agli investimenti (King Of Dax, ITF, etc.) e durante le mie sessioni di coaching individuale. Insomma, è chiaro che i costi possono essere anche abbastanza rilevanti per un day-trader per cui è fondamentale avere un sistema che fornisca segnali abbastanza precisi per il maggior numero di volte.

La mia ricerca continua di strategie low risk mi ha portato a studiare decine e decine di testi di trader americani. Moltissimi trader presentavano innumerevoli tecniche di ingresso che non sempre si prestavano al mio modus operandi, anche perché bisognava testare le strategie su un mercato abbastanza diverso da quello americano. Infatti, l’Azionario Italia è molto più illiquido del mercato azionario a stelle e strisce. Ciò aumentava il rischio di partire con uno svantaggio competitivo nei confronti del mercato soprattutto considerando il pericolo numero uno per il “trader italiano” che è appunto lo spread.

Alla fine, dopo anni di test continui, ho potuto verificare che alcune strategie possono realmente fornire un vantaggio competitivo mantenendo i rischi bassi e con buone aspettative di rendimento (che aumentano sui titoli più illiquidi). Oggi voglio parlarti di una tecnica di ingresso molto semplice da applicare sui titoli quotati alla Borsa di Milano e che va eseguita esclusivamente sui grafici intraday a 5 minuti. Si tratta dei consolidamenti intraday.

Un consolidamento intraday non è altro che una congestione dei prezzi identica a quella che viene visualizzata sui grafici daily. Così potrebbe sembrare piuttosto banale come tecnica. In realtà, per aumentare le probabilità di successo, va ricercata solo sui titoli che presentano le seguenti condizioni:

1) il titolo deve aver configurato un nuovo massimo/minimo a 2 mesi e i prezzi cominciano a formare un consolidamento di almeno 30 minuti;

2) il titolo ha evidenziato un fortissimo rally intraday (generalmente oltre il 5%) e poi inizia a congestionare nei pressi del massimo/minimo di giornata (qui è necessaria un consolidamento di oltre un’ora per dare la possibilità agli investitori istituzionali di riaccumulare grosse quantità prima di una nuova esplosione);

3) il titolo mostra un fortissimo trend su base daily (ADX maggiore di 30) e forma un consolidamento intraday di almeno mezz’ora la seduta successiva.

L’ingresso avvene al superamento del massimo/minimo di giornata con uno stop loss che di solito non supera i 5-10 tick. Vediamo un esempio per ognuno dei tre casi elencati.

CASE STUDY #1

Acotel Group (simbolo: ACO) realizza un nuovo massimo a 2 mesi sul grafico daily.

La seduta successiva, i prezzi effettuano un consolidamento intraday sotto il massimo della prima mezz'ora posto a 75€. Il breakout è decisamente esplosivo...


CASE STUDY #2


Geox (simbolo: GEO) mostra un fortissimo rally intraday. Poi inizia un consolidamento che dura diverse ore. Al breakout del massimo di giornata avviene una nuova esplosione di volatilità.

CASE STUDY #3


Isagro (simbolo: ISG) mostra un trend rialzista molto forte sul grafico daily.

La seduta successiva i prezzi consolidano per 30 minuti sotto il massimo di giornata. Il breakout porta i prezzi a realizzare nuovi massimi di giornata fino alla sospensione per eccesso di rialzo.

A cura di Nicola D'Antuono - info@miniday-trading.it